venerdì 31 ottobre 2014

Il tuo ricordo

Era quai l'alba del primo di gennaio, l'anno nuovo era appena nato ed io stanco scendendo lungo la strada di S.Maria a Castello, osservavo le sfumature dei colori del Monte Somma, avvolto da una leggerissima coltre di nebbia, ma la giornata sembrava nascere alla luce di un caldo e provvidente sole. Ero stanco perche' avevo lavorato al veglione di capodanno come pianista e ancora piu' stanco poiche' smontare la strumentazione e trasportarla a casa, data anche la mia non piu' giovanissima eta', era veramente doloroso. Il ristorantino "La Selva", del mio amico Ludovico mi aveva dato soddisfazione, poi ero anche con amici di sempre, insomma tutto era andato bene. Appena passato l'incrocio nei pressi del Castello D'Alagno, sulla sinistra, posto li, c'era un manifesto di lutto che ahimè annunciava la dipartita di una persona, cosa bruttissima, ma mi si fermo' il cuore quando la mia mente lesse il nome ed i cognome. Rimasi fermo in macchina per alcuni lunghi secondi, rileggendo ancora e poi ancora quella tristissima notizia, purtroppo non era un sogno, era realtà, una bravissima persona, un grande professionista, un artista con la "A" maiuscola, un musicista, uno che mi aveva insegnato il valore della musica, quella vera, era volato via alla casa del Padre.L'avevo visto poche ore prima li al borgo vecchio di Somma, al Casamale e ci eravamo parlati, promettendoci di incontrarci dopo le feste per i nostri impegni in musica. Tutto questo in un attimo era finito, cancellato da un destino che a volte noi umani non comprendiamo. Chi conosce Somma ed i Sommesi ha capito di chi sto' parlando. Tutti gli volevano bene, tutti hanno ricevuto almeno una buona azione o una parola gentile da questo grande uomo, ma il Signore prende i fiori piu' belli del suo giardino. L'anno era iniziato malissimo, le lacrimo spontanee scendevano senza ritegno, ed un'altra spina e' nei cuori dei Sommesi veri, quelli che amano la propria terra e chi ha tentato di dargli lustro. E' il professore, come lo chiamavamo tutti era uno di questi. Sono passati alcuni anni da quel giorno, lo porto sempre nel cuore e quando si appresta l'ultimo giorno dell'anno, non so' più essere contento come una volta, poiche' il ricordo e' sempre vivo e grande. Porto la sua foto sempre con me, quasi a consolarmi della sua dipartita e mi piace ricordarlo con quel suo sorriso solare e quelle parole che mi diceva quando ero io a dover fare un assolo musicale, mi guardava e sorridendo diceva in quel suo simpatico vernacolo ''si tu e man'' ovvero tocca a te. Riposa in pace amico mio, so' che un giorno ci rivedremo. Orso Vesuviano

mercoledì 29 ottobre 2014

La scelta

Chiara si era addormentata, cullata dal dolce andare del treno verso Roma...anche se era al quarto mese di gravidanza aveva mantenuto la promessa fatta a Stefano, a casa aveva detto che doveva svolgere un corso di aggiornamento alla Sapienza. Stefano le aveva reclinato la poltrona per farla stare più comoda, la osservava, il volto si illuminava ad intermittenza acceso dai fasci di luce del primo sole che penetravano dai finestrini...Bellissima, resa ancora più bella dalla gravidanza, Stefano le pose la mano sul grembo e si abbandonò poggiando leggermente la testa sulla spalla di lei...guardava il paesaggio cambiare al passaggio del treno, campi, filari di alberi,cittadine...pensava al suo rapporto con Chiara, al futuro, la guardava dormire serena, era con lei, ma non era sua, era premuroso come dovrebbero essere tutti gli uomini...anche se era una donna in carriera, forte, sicura, aveva le sue fragilità, era un amore da proteggere, con tenerezza, delicatezza forse questo molti uomini non sanno cosa significa anche Antonio, suo marito, ecco i tradimenti ...Certo l'esperienza di Stefano ormai sotto i cinquanta era maggiore dei trentasei di Antonio, Chiara ne aveva trentacinque...ma per Stefano quell'esperienza era comunque dispendiosa, come poteva dividersi fra due amori... Giunti a Roma raggiunsero San Pietro in taxi, l'aria era gradevole, l'estate faceva le sue prime prove in quei primi giorni di Giugno, Chiara era bellissima con il suo vestito blu cobalto, un nastrino rosa le stringeva i capelli biondi come spighe di grano. Ormai ora di pranzo, Chiara e Stefano scelsero un ristorante nei pressi di castel Sant'Angelo, I Quattro Mori, la vista era meravigliosa e romantica, l'isola Tiberina,il Tevere sinuoso e lento...Quale miglior atmosfera per un addio, si guardarono negli occhi e capirono che quello era un amore impossibile...che stava per finire...Scesero sul lungotevere ,il tempo si fermò la strinse a sé, la baciò ancora,ancora...é troppo bello per essere vero amore mio ma che hai fatto a quest'aria che respiro, come fai a starmi dentro ogni pensiero, giuramelo ancora che mi ami per davvero...ti amo Stefano, per sempre in un modo o nell'altro, Non voglio perderti. Nemmeno io come faccio senza di te ad affrontare le stagioni, gli inverni, le primavere, le gioie, i dolori...Si avviarono alla Stazione Termini il treno per Napoli partiva alle 18,30, un altro per Milano partiva alle 18,10, per un attimo pensarono di prendere questo, di scappare insieme, per sempre, lontano dalle incomprensioni, dalla solitudine, da quei paesi medievali, da chi non avrebbe potuto capire quel loro amore...Scelsero il treno per Napoli, scelsero la routine, le incomprensioni, i loro affetti, le loro famiglie, loro in fondo erano estranei... Il principe

martedì 28 ottobre 2014

addò staje madre?

addò staje madre? addo' sta' a terra mia? chella terra tanto cantata chella terra che tene pe sang 'a lava de nu vulcan addò staje terra? addò staje terra mia? ò sole de na vota steve sempe nfront'a tte e mmo co o fumme e sti fabbriche e smog e tanta machine nn te permetteno cchiù de essere o paese do sole... terra, terra mia addo staje? tu ca tien e capill nfuse è sole, l'uocchie e mare c'a stann divintanne o' riflesso de nu cielo scuro... addò staje? terra mia tu che mi hai dato vita, e grazie non hai mai chiesto pecchè tu si madre, terra mia, terra madre... terra fatta e lava, terra nfosa de mare.... addò staje, terra madre? Fuoco, acqua, viento e cielo, tutto se fonde e diventa madre, madre mia madre ke genera figli mpastat co sti quatt elementi fiji signure, nu poco zingari... che mmo te hanno abbandunata e mo te cercano dint' a na canzona, tecercano mmiez e vicule te cercano addereta a na bandiera... addo staje terra mia, terra madre... addò staje madre mia?? R.Sdino

lunedì 27 ottobre 2014

Malafemmina

L’olio sfrigola come un vecchio trentatré di vinile, al posto della puntina del grammofono, a consumarsi, c’è uno spicchio d’aglio che ne approfitta per indorarsi: tra poco arriveranno i pomodorini, ogni cosa al momento giusto, ogni cosa quando si deve. - Prendi un po’ di basilico dal balcone, una bella foglia grande e profumata Antonio obbedisce, silenzioso, bravo figlio, bello, come il sole, ma come non potrebbe esserlo ai suoi occhi? Poi, gli occhi, li socchiude un attimo, e dal pozzo riemerge Pasquale, la loro ultima volta insieme, il mare, le sue spalle, i suoi occhi, quelle due noccioline tostate e glassate poggiate tra la fronte e il naso, le sue mani ruvide e gentili. - Eccolo Una foglia grande grande, profumata e verde, ancora non si è accorta di essere stata staccata dal ramo che le dava la linfa. - Teniamola qui, questa la aggiungiamo alla fine, la ciliegina sulla torta. L’ultima torta è quella che aveva comprato Pasquale per il loro anniversario, un anno rubato al destino e a tutto il resto, un anno di un amore profondo almeno quanto il pozzo in cui l’aveva precipitato dopo l’ultima fettina di torta. - Finisce qui. Non ho mai amato così, non ho mai nemmeno pensato che potesse essere questo l’amore, non ho mai amato. Ma finisce qui. Ho Antonio, la famiglia, il lavoro, non capirebbero. In fondo non lo capisco anch’io. E così Pasquale, nel pozzo, ci si era calato da solo. In silenzio. Era una storia che già conosceva. In fondo l’amore, in un modo o nell’altro, finisce sempre per fare le stesse cose: arriva, inaspettato, e in un niente diventa tutto, trasformando il tutto che avevi prima in niente. Poi, quando se ne va, si porta via tutto, e ti lascia immerso nel niente. Come in un pozzo vuoto, solo echi, come i ricordi. Allora meglio starsene zitti, almeno niente echi, tipo queste stupide lacrime, forse era meglio cucinare una bella genovese, almeno avrebbe avuto una scusa a portata di mano. La voce di suo figlio. - La portaaaa La manica che sale su, verso gli occhi, a zittire gli echi ed occultare le prove. - Apri tu Antò, le chiavi, le dimentica sempre Buona salute e cattiva memoria, la ricetta della felicità: niente echi, ricordi che sbiadiscono come coltelli che perdono il filo, come l’olio che abbraccia i pomodorini in un ultimo, rantolante, sfrigolio e poi zitto, sordo, accetta tutto e va avanti. Lasciando Pasquale nel pozzo. E le sue mani. E quelle due noccioline tostate… - Eccomi Antonio butta le mani al collo della madre e ci si appende come se cercasse il modo di rientrarle nella pancia. Lei, lo aggancia con un braccio mentre, con l’altra, poggia spesa e borsetta. Poi guarda suo marito ai fornelli e sorride, forse stanca, forse dubbiosa, la salsa è un arte, certe cose non s’improvvisano, ma meglio fare di necessità virtù. E gli stampa un bacio sulla guancia. - Il grembiule ti dona, magari devo comprartene uno tutto tuo. E sorride, sincera, forse le è arrivato il profumo, la salsa è buona. Carmine unisce le pennette appena scolate ai pomodorini, e le lascia un po’ insieme, giusto il tempo di conoscersi, poi tutto in tre piatti. E poi un pezzo di basilico fresco su ognuno, a dare un po’ di colore e un po’ di profumo, magari a nascondere piccole imperfezioni. - Ottimo, magari solo un pizzico di sale in meno. Le lacrime sono salate, come il mare. FPO

Un po' di Somma nel Parco Nazionale d'Abruzzo

Era un sabato mattino li nel Parco Nazionale d'Abruzzo se la memoria non m'inganna del mese di giugno nella seconda meta' degli anni 80, io ero in servizio in quell'hotel a tre stelle come vice direttore e responsabile amministrativo, quando il receptionista di turno mi chiamo' e mi disse: "dottore, e' in arrivo tra poco una comitiva di circa cinquanta persone dalla provincia di Napoli, precisamente da un paese che si chiama Somma Vesuviana, si fermeranno per il pranzo e la cena poiche' sono di passaggio". Ricordo che mi sentii emozionato a sentire il nome della mia amata Somma e poi immaginavo con la fantasia chi potessero essere queste cinquanta persone del mio paese, e la segreta soddisfazione e gioia nel rivedere volti noti. Prima di mezzodi' il bus di una nota agenzia di viaggi di Somma era sullo spiazzale dell'hotel dove io lavoravo e dall'interno del mio ufficio cercavo di riconoscere il volto delle persone. Chiamai col telefono interno e chiesi cosa avevano chiesto per pranzo e per cena, senz'altro un pranzo standard per comitiva, e sicuro di questo, ordinai allo staff di cucina, di aggiungere un qualcosina in piu' forte del mio potere di funzionario e cosi' fu fatto. Di nascosto iniziai a riconoscere persone a me note da tempo che da anni non vedevo poiche' abitavo e lavoravo lì in quel paesello montano dell'Abruzzo e una commozione strana, fece scendere una lacrimuccia che subito asciugai per non farmi scorgere dai miei collaboratori. Venne finalmente l'ora del pranzo e uno di loro che mi conosceva fin da piccolo, preoccupato per tanta abbondanza nel pranzo, non certo standard, si preoccupo' che ci fosse un errore, ma fu' rassicurato dallo chef di turno, spiegando che tutto era a posto. Poi fu inevitabile che io presenziassi in sala ristorante e tra lo stupore di tutti, sia dei camerieri che degli ospiti di Somma, don Ciccio Ricco, anzi Franco Ricco, che oggi non e' piu' tra noi, corse verso di me e mi abbraccio, chiedendomi ovviamente che facessi li in quel momento. Allora gli spiegai le mie mansione e mi fermai a pranzare con loro. Sentivo nelle loro voci, l'eco delle cose di casa mia, toni e dialetto conosciuti. Ma la sorpresa piu' grande fu quando da uno degli ultimi tavoli si alzarono mio padre e mia madre, che conoscevano il mio lavoro, ma non certo la location. Abbracciai i miei genitori, che non vedevo da mesi, e mi sedetti al tavolo dove erano loro. Con orgoglio mio padre disse agli amici di viaggio che ero suo figlio e gli brillavano gli occhi. Dopo pranzo, li trattenni giu' nel locale adibito a discoteca o a momenti musicali e dove Franco Ricco, provetto pianista si esibì' usando il piano a coda dell'albergo. Mi unii a loro sfoggiando al piano la mia grande passione per la musica, poiche' per vivere da ragazzo oltre a studiare, facevo serate di piano bar.Fu tutto bellissimo e sembro' che quel sabato fosse tutto dedicato a me, alla mia Somma ed ai miei amici sommesi. La cena fu' ancora piu' gioiosa ed io godetti come un dono inaspettato della presenza dei miei genitori e di tanti amici, ricordo Don Mario Ragosta, detto Mario o pittore, mastro Filippo senza tre dita della mano destra perse in un incidente di fuochi d'artificio, don Alfonso De Vita, sarto che aveva bottega nella strada dove abitano i miei e tante altre persone. Venne il momento della partenza, tra abbracci e lacrime di commozione da parte loro e devo dire anche da parte mia, ma ero felice, per una mezza giornata ero di fatto ritornato alla mia Somma, alle mie origini e mai come allora sono stato orgoglioso di essere un Sommese, che aveva onorato altri Sommesi. Da allora rimasi a lavorare li ancora alcuni anni e la mattina, quando osservavo il Monte Marsicano che era di fronte all'albergo do ve lavoravo, mi illudevo di osservare il Monte Somma e per un attimo mi sentivo sereno.Oggi vivo di nuovo a Somma, mio paese che amo tantissimo, ma certi momenti non vanno mai via dalla memoria e mi fanno apprezzare ancora di piu' la mia terra, Somma Vesuviana, la sua gente, le mie origini. ORSO VESUVIANO

Il nascondiglio

Per tutta l'estate avevo visto questo video musicale passarmi davanti agli occhi, soprattutto quando eravamo al bar da Lina, nel nostro "nascondiglio" preferito. Ma non ci avevo dato alcun peso. Poi stamattina l'ho risentita e la parola nascondiglio mi ha fatto tornare in mente un sacco di cose. Quella ragazza rossa in abbigliamento anni '90 che balla in strada con altre ragazze cantava con convinzione quello che io sto pensando da un po' di tempo e non riesco a dire ad alta voce. Io sto cercando un nuovo nascondiglio per i miei pensieri, per i miei sentimenti. "Mi stai portando in alto, dove non sono mai stata prima mi trattengo, giusto un secondo, non posso farlo a lungo", canta Kiesza. Ma potrei benissimo averlo scritto io... Lei dice "Tu sei solo un nascondiglio solo un’emozione fai scappare il mio cuore al di là del significato Non riesco nemmeno a trovare un modo per fermare la tempesta oh tesoro, è fuori dal mio controllo sta andando a casa ma tu sei solo un’opportunità che colgo al volo per continuare a sognare tu sei solo un altro giorno che mi permette di respirare tesoro, un altro fine settimana non c’è niente di sicuro tesoro, non fermarmi nasconditi con me ancora un po’". Ecco allora cos'è lui per me, un posto tranquillo dove fermarmi un poco dopo la tempesta, quel posto che mi sta dando la possibilità di sognare ancora, che so che non ci sarà per molto, che non è sicuro, non è certo, ma che mi ha spinto ad andare dove il cuore non era mai voluto andare, che finalmente si era lasciato andare privo di lacci, pregiudizi, convinzioni. Avevo seguito le emozioni, per una volta, senza la solita paura di farmi male. Solo per stare bene quel tanto che poteva durare. Che sollievo ho provato: una canzone aveva capito di me quello che io in tre mesi non avevo neppure intuito. Continuano a macerarmi nell'idea di cosa volessi io da "Mister Ice" e adesso lo avevo capito. Un po' di riparo, un nascondiglio del cuore, ma chissà se riuscirò a fermarlo per un po' lui corre così veloce. In un continuo altalenarsi di sentimenti contrastanti. Ed io non sono da meno. Ora però almeno lo so, non cerco niente altro che un nascondiglio. Ed il nascondiglio è, per sua stessa definizione, di breve durata...giusto il tempo di "salvarsi" la vita...o in questo caso il cuore.

venerdì 24 ottobre 2014

La gente parla

Somma Vesuviana la "citta" di provincia alle falde del monte Somma, la patria della "crisommola", della "catalanesca", il baccala', la tammorra, patria di talenti straordinari veri e talenti presunti come dire "pezzotti". Una descrizione del genere potrebbe invogliare chiunque a visitare Somma o addirittura pensare di venirci ad abitare. Io ci vivo da sempre, conosco tutti i suoi pregi e soprattutto i suoi innumerevoli difetti. Conosco quasi tutti quelli che come me ci abitano dalla nascita e conosco anche i Sommesi di adozione. Somma con i suoi personaggi tipici e conosciuti da tutti. I bar storici e quelli nati di recente. La piazza, quella piazza dove anni fa ricordo montavano le giostre e dove durante la festa di S.Gennaro si sono avvicendati cantanti noti. Una volta avevamo una festa patronale, oggi ne rimane solo uno sbiadito ricordo. Via Aldo Moro, l'adolescenza vissuta lungo quel corso che parecchi credevano luogo di perdizione, mia nonna mi diceva sempre: -miezz chillu via "Ardo Moro" ce stann e drogati e ce stann e malefemmine!- Ma mia nonna all'epoca era anziana ed era giusta la sua preoccupazione, era accettabile un tale pregiudizio di una donna nata agli inizi del 900. Tutti questi meravigliosi ricordi li tengo custoditi gelosamente in uno scrigno vecchio ed ingiallito dal tempo e ne sento la nostalgia. La sento ogni giorno di più. A rendere questa nostalgia quasi un coltello infilato in un fianco innanzitutto alcuni eventi, dolorosi e spiacevoli che mi hanno lasciato il segno in questi ultimi dieci anni. A rendere la nostalgia insopportabile però c'è altro. C'è la oramai consolidata consapevolezza che Somma è innanzitutto uno dei tanti paesi di provincia, dove anche le pietre hanno occhi ed orecchie e soprattutto una lingua. La stessa lingua maligna e biforcuta di cui è dotato il Sommese o meglio la maggior parte dei Sommesi. Pronto a sparlare di fatti che non gli riguardano in realtà, ma che sembra debbano essere messi in piazza, resi pubblici, spifferati ed anche urlati. Spesso dietro ad una lingua tagliente si nascondono uomini e donne che nella stessa misura ed in egual modo peccano, ma non importa, conta solo nascondere le proprie imperfezioni e rendere note quelle degli altri. "Sai quella li ha un amante o forse due. Conosci l'avvocato? Sapessi cosa ho scoperto o cosa si dice di lui. Ed è così che quella donna diventa una puttana e quell'uomo un disonesto. Di bocca in bocca, di bar in bar, di rione in rione. Spesso l'inciucio parte da gente frustrata, infelice ed invidiosa. Spesso nasce proprio dalla lingua di chi sa benissimo cosa è l' infedeltà perché lui o lei per primi tradiscono o mentono, ma questo non ha importanza, conta che la gente li creda persone per bene. La brava madre di famiglia. Il fidanzato esemplare. Il politico integerrimo. Questa è Somma, ed è proprio inutile nascondersi, mascherarsi, illudere ed illudersi. Prima o poi il pettegolezzo ritorna, come un boomerang, inutile sperare di restarne fuori, ci sarà sempre uno come voi pronto a sparlare anche di voi, c'è solo da rassegnarsi e da imparare a tacere. Tacendo si feriscono meno le persone e soprattutto si evita di rischiare di divenire il bersaglio delle proprie ingiurie.

giovedì 23 ottobre 2014

"Adesso al sesso non ci penso proprio...."

"Tu sei quel respiro che mi toglie ancora il fiato..." così intonava Baglioni nel cd dell'auto che trasportava Chiara e Stefano verso Napoli. Lei doveva ritirare dei referti medici, lui le aveva chiesto di accompagnarla, come accadeva spesso quando c'erano di mezzo questioni di salute, banali o serie Stefano ci teneva tanto a lei...Si tenevano per mano in silenzio, ogni tanto lui le baciava il pollice e la guardava contento di dividere solo con lei quei pochi metri quadrati...Chiara, alla guida era sicura, rilassata e bellissima, ogni tanto i capelli le cadevano sul volto, Stefano li metteva a posto passandoli dietro le orecchie...Mentre erano in tangenziale Chiara disse: forse stiamo peccando, perché sto con te, io amo mio marito! Stefano rispose, baciandole ancora la mano, non lo so, io seguo l'istinto. Ma l'istinto ci fa fare cose sbagliate, dopo mi chiederai di fare sesso, é normale anche io ho degli istinti. Stefano continuava ad accarezzarle la mano con dolcezza, poi disse: adesso al sesso non ci penso proprio, siamo entrambi sposati felicemente... sono troppo innamorato, voglio solo stare con te, voglio che stai bene, che sei felice, mi basta questo amore mio...Chiara sorridente rispose: Tu mé fai murí ! Ma da dove vieni da un' altro pianeta? Giunsero all' ospedale,Stefano rimase in auto...Chiara tornò dopo quindici minuti circa,Stefano cercava di carpire dal volto di lei cosa aveva letto nei referti, ma non capiva, aprì il finestrino impaziente gridando tutto bene? Chiara sorridente entrò in auto e rispose:Tutto bene non muoio ancora, prendi mezzo cornetto,erano finiti. Stefano le mise la mano sul petto per ascoltare il suo cuore, per sincerarsi personalmente del responso del referto, i battiti erano sicuri e forti, nemmeno se ne accorse del suo bel seno...Stefano le strinse di nuovo la mano, la baciò e disse: oggi basta parlare di malattie, stai bene, gira a destra andiamo in un posto bellissimo...In quella fredda mattina di febbraio non c'era nessuno a Sant'Antonio a Posillipo, solo loro due,solo quei due cuori, il tempo si era fermato. Stefano la stringeva forte, davanti Napoli adagiata e ancora assonnata nel suo golfo, il Vesuvio a cornice di quell'amore. Vita mia, sussurrò Stefano e la baciò. Tu mi fai svenire, perché non ti ho incontrato prima, perché...Forse non sarebbe stato così bello...su andiamo, replicò Stefano. Il principe

mercoledì 22 ottobre 2014

Abbracciamoci

Stanotte sono ritornato a casa dopo una serata trascorsa con dei buoni amici e riflettevo su di una cosa che alcuni di loro mi hanno fatto notare; ho una vera e propria propensione ad abbracciare le persone con cui passo il tempo... effettivamente darei un abbraccio a tutti quelli che incontro, mi piace stringere forte le persone sentirne l'odore, il calore, la sensazione che la gente ti trasmette quando ti abbraccia è spettacolare, puoi sentirne le paure, l'ansia e la difficoltà che il suo animo sta attraversando ma anche la gioia, la felicità, l'amore, e se a quella stretta ci alleghi pure un bel sorriso, allora il miracolo è fatto, non siamo più soli, siamo presenti gli uni per gli altri. Siamo una forza unica contro le difficoltà della vita, siamo più forti, siamo più vicini.... Anche se devo dire la verità avvolte qualcuno fraintende vede malizia dove questa non ha ragione di essere, c'è gente che offende il gesto dandogli dei risvolti violenti, patetici, inappropriati, quando il mio abbraccio è destinato solo a trasmettere qualcosa di positivo e per fortuna i miei amici maschi, femmine, gay, trans, mi conoscono e quando stringono più forte di me io mi sento al settimo cielo; quindi se non volete essere abbracciati non dovete essere miei amici, altrimenti vi tocca!!! un gran bel abbraccio!

La vita dolce e amara di Sugar

Che poi non é che in provincia ci conosciamo tutti e che viviamo così vicini che prima o poi cominci a salutarti, poi passi a rivolgerti la parola alla salumeria, o alla Posta si alla Posta, mentre fai la fila si fanno i migliori (o i peggiori)incontri...ma anche questo con"gli accrediti bancari "andrà a perdersi!! Bhe! Sugar non ricordo quando ho cominciato a salutarla, se al catechismo o alle medie, per quella sorta di"parallelismo" di vita. Ci siamo trovate a scambiarsi prima un saluto, poi una frase....e infine ogni tanto ci raccontavano le nostre vite!! Sugar?...si perché io lo sempre chiamata così, ma in dialetto"zucchero", perché lei sempre dolcissima dai modi affettuosi! Poco dopo le medie la incontrai incinta, aveva lasciato la scuola ed era così contenta, ed anche io per lei..."portava il suo pancione con tale gioia"che pensai:" beata lei"!!...inquieta com'ero mi sembrava un"soluzione piu' certa dei miei incerti amori"....che scema! Negli anni la incontravo sempre di corsa, io andavo a prendere il treno per l'università e lei, anche di corsa con la mano ora un bimbo, ora due....e io "correvo", dolcissima sempre cercava di chiedermi cosa facevo,nei suoi occhi tanta ammirazione e sempre:"grazie per chiedermi sempre", poi i miei pancioni....il mio lavoro!! e Sugar, sempre a farmi complimenti per cose che aveva saputo, qualche giorno fa. Un giorno che non correvo, ci siamo ritrovate a passeggiare l'una accanto a l'altra. Sorrideva si, ma con un riso amaro,dolcemente dimessa mi ha raccontato di un figlio di 24 anni di una di 20, del marito che dopo una lunga relazione con un'altra l'aveva lasciata, perché ha avuto una bambina con l'altra. Si scherniva dicendo "la colpa é mia lui era troppo bello e io troppo ignorante, ho lasciato la scuola a 16 anni, per il bambino, ma l'altra é intelligente, sa parlare...e sai é stata buona con noi ha trovato un posto di lavoro a mio figlio, la settimana prossima fa il battesimo della bambina e i ragazzi ci devono andare. Io faccio le pulizie da un po'di di signore....". Ecco io che corro non ne sapevo proprio nulla, perché poi non é vero che in provincia ci impicciamo di tutti!!!! ....ci siamo abbracciate salutandoci, e andando via la guardavo con passo stanco, siamo coetanee ma sembra, poverina, di almeno 15 anni in più. ...e ho pensato Che se mia mamma non mi avesse messo i libri in mano a quattro anni e non avesse sempre preteso da me il massimo. ...oggi potrei essere al posto di Sugar....in fondo é l'altro nome con cui nel mondo si ricorda Marilyn!

Un centesimo di felicità

C'è un uomo qui a Somma Vesuviana di indefinibile eta' che non ha mai cambiato il suo aspetto nel corso degli anni. E' un uomo che vive come un barbone, per la strada, e' diversamente abile, non sente e non parla, ma dai suoi occhi traspare una serenità ed una pace che disarmano qualsiasi persona ''normale''. Lo incontro spesso, porta la stessa giacca, lo stesso pantalone ed una camicia di colore indefinibile, e come bagaglio ha un sacchetto di plastica attaccato ad una canna di bambu' forse vecchia come lui, la barba incolta, ma credetemi due occhi cosi' belli ed espressivi che commuovono. Non chiede elemosina, ma con sorriso chiede una sigaretta o qualche centesimo per pagarsi il biglietto della Circumvesuviana che spesso prende per Napoli. Nei tempi addietro, aggiustava ombrelli e affilava forbici e coltelli con una ruota di pietra posta su una bicicletta. Tutti gli vogliono bene, sanno che e' una persona di cuore, ma merita questa mia segnalazione, poiche' diverse volte l'ho visto fare l'elemosina ad alcuni rom, l'ha fatto con pochi centesimi, ma con tantissimo amore, quasi da spiazzare chiunque l'abbia osservato. Che grande lezione morale e di vita che riesce a dare quest'uomo, riesce a comprendere che ci sono persone piu' sfortunate di lui. Qualche volta spontaneamente gli ho offerto qualche centesimo , mi ha regalato uno di quei sorrisi che non hanno prezzo,e la cosa piu' importante che basta poco per trovare un angolo di paradiso qui in terra. Non e' una storia importante, ma e' una storia vera, di quelle che ci fanno ancora sentire figli di Dio. ORSO VESUVIANO

"Quando il tempo si ferma"

In certi giorni della settimana pare che il tempo si fermi a più di 50 anni fa, come nei racconti di mio nonno, specie la domenica, tutto prenda una forma diversa, soprattutto a Napoli! La sveglia ha un "nonsocchè" di spettacolare, diversi aromi invadono l'aria, ma 2 in particolare la fanno da padrona: IL CAFFE' E IL RAGU'; se andiamo verso il salernitano, specie tra Nocera e Pagani, c'è il terzo aroma: Sua maestà 'a CARCIOFFOLA ARRUSTUTA... ti affacci al balconcino di casa e vedi le persone che si preparano a diversi riti, la vestizione .... o meglio IL VESTITO BUONO o meglio quello che dicono al nord il vestito della domenica. Poi la passeggiatina ante missam (prima della messa, per chi è credente) e poi post missamm (dopo la messa), il tutto sempre condito da quelli che sono espressioni, modi di fare e di agire proprio del folclore partenopeo, campano.... o meglio appartenenti agli uomini del sud! Per Esempio nel post missam, il capo-famiglia o l'ospite di domenicale compie un altro rituale, l'acquisto delle PASTE (il dolce), la tradizionale "GUANTIERA" (vassoio) conteneti quelli che sono i dolci tipici della tradizione partenopea o meglio campana: Sfogliatelle, riccia e frolla, babà normale e babà con crema. santa rosa, delizia a limone(specie per i salernitani) e deliziosa (per i partenopei). E poi il pranzo... ahhh Il pranzo domenicale.... e che cosa è!!! Antipasto prosciutto e mozzarella (misto bufala possibilmente) questo si può anche omettere, il primo l'immancabile ragù o pasta al formo... poi non ho mai capito se la carne o polpette cotte nel sugo/ragù come possono esser definite... appartenenti alla classe del primo o del secondo... mhmhmhm beh chiamiamolo interludio, poi immancabile fetta di carne o fritto di pesce, contorni mai l'insalata ma parmigiana di melanzane zucchine .... e poi dolce e l'immancabile caffè.... Poi l'orario della partita... ahi noi questo purtroppo talvolta cambia... lo show business non ci permette di vivere i vari pathos come una volta a mo di digestivo....Si, e poi il post partita con commenti e discussioni... mentre si lavano i piatti.... Ahhh la domenica....poi altra passeggiatina, dove anche qui il business la fa da padrona, il più delle volte non più in piazza o al corso principale ma al CENTRO COMMERCIALE!!! Ma si... anche questo ci sta!!! Il tempo si ferma, o almeno per alcuni, ma soprattutto per chi è Napoletano o Campano!!! Buona domenica!!!

martedì 21 ottobre 2014

A.A.A. Cercasi donna da amare perdutamente

“A.A.A. 39enne interessante, intrigante, mediamente colto, stanco della routine dello stipendio fisso cerca donna da amare perdutamente ma che sia ricca e simpatica”. E poi tra storie, aneddoti, racconti tra il vero e il verosimile, ecco che un giorno ti arriva questo: un annuncio: A.A.A. Ah!!!La domanda che mi subito mi sono posta è stata e ora che faccio? Lo pubblichiamo? Aprendo così una rubrica per cuori infranti e anime perse alla ricerca dell’altra metà della mela? E poi che si fa?? Questo blog nasce per raccontare, accogliere e divulgare passioni che si spendono, consumano e bruciano alla falde del Vesuvio, e allora sia, anche questa “anima delusa” ha diritto di essere raccontata e vissuta. In fondo dietro un semplice annuncio c’è molto di più che una storia, c’è una vita … Chiamerò questo giovane 39enne “cerbiatto vesuviano”. E dico subito alle papabili interessate che qualora volessero davvero conoscere il cerbiatto vesuviano possono inviare una mail a passionivesuviane@gmail.com. Il cerbiatto vesuviano in fondo è un timido, e benché sia luogo comune dire che di donne ce ne sono a migliaia, o peggio ancora, che oggi “la carne si butta”, (e mi permetto di osservare che pure di “Uomini” oggi non ve ne sono molti in giro), intanto il nostro cerbiatto si sente solo e deluso. “Stanco della routine dello stipendio fisso”, attenzione fanciulle interessate la frase si presta al doppio gioco e va abilmente interpretata: innanzitutto il cerbiatto ha uno “stipendio” e “fisso”, soprattutto. “Stanco”, stanco di doverlo forse spendere per sé soltanto. Forse … Poi però aggiunge “cerca donna da amare perdutamente ma che sia ricca e simpatica”. Ecco che ritorna il vecchio stereotipo del giovane con la donna ricca. E va bene, ci sta ma che sia simpatica: perché in fondo quello che conta è stare con una persona che ti fa ridere di cuore. Attenzione, donne ricche fatevi avanti, a voi di qualunque taglia e profilo perché il cerbiatto vesuviano in fondo vuole “amare perdutamente”. P.s.: il 39enne esiste per davvero tant’è che “cerbiatto” non è un nome che abbiamo scelto così per caso …

L'amore di una madre e un padre

Sposata dal 1981, dopo 10 anni di inutili tentativi e cure, cure costose cure e diversi interventi chirurgici io e mio marito decidiamo di adottare. Consigliati da amici sacerdoti e amiche suore ci rechiamo in Peru', precisamente nella citta' di Moquegua, dove il 5 luglio del 1991 ci mettono tra le braccia un bellissimo bimbo di appena 2 mesi. Capirete la gioia, le preoccupazioni, l'entusiasmo, col desiderio di tornare presto in Italia in 3. Ci avevano detto, infatti, che al massimo in 2 mesi saremmo stati di nuovo a casa. Eravamo partiti con le ferie, certi che a settembre avremmo ripreso i nostri posti di lavoro (mio marito impiegato nei trasporti ed io insegnante). Le cose, invece, cominciarono a mettersi male, la giudice che aveva in mano il nostro processo fu inquisita per alcune adozioni "poco pulite" e dopo 4 mesi di permanenza ci rifilo' sentenza negativa ( forse dovevo premettere che eravamo ospitati nella casa-famiglia che ospitava il nostro piccolo, casa-famiglia tenuta da suore canadesi, che ospitava 250 persone, che viveva di caritas , nel bel mezzo del deserto peruviano). Ci casco', per un momento, il mondo addosso, ma eravamo forti. Il bambino cresceva e non lo avremmo lasciato per nessuna cosa al mondo. Cosi' decidemmo di continuare la nostra esperienza peruviana, tra mille e piu' problemi.. Passammo cosi' il primo Natale col nostro bimbo ma lontani dai nostri cari, ma l'obiettivo ci rendeva sempre piu' forti e pazienti...tanto pazienti perche' i problemi continuavano a moltiplicarsi. Intanto le ferie erano finite , quindi si dovette cominciare a prendere altri provvedimenti. Mio marito comincio' con malattia, poi aspettativa, io, in quanto precaria (gli insegnanti di religione allora non erano ancora in ruolo) non percepivo stipendio e cosi mio marito, per ben 2 volte i nostri amici dell'Azione Cattolica ci inviarono un po' di soldi. Intanto il processo di appello continuo' con un altro giudice che chiaramente comincio' a trovare mille intoppi nell'incartamento ...troppi , tantissimi intoppi...e io col bimbo restavo nell'Hogar e mio marito girava le citta' del Peru' per risolvere alcuni problemi legati alla madre naturale del bimbo. Sembrava che le cose iniziassero a prendere la giusta via quando il 5 aprile 1992 ci fu un clamoroso colpo di Stato. Quel tunnel sembrava diventare sempre piu' lungo. Intanto dopo aver rinnovato per 2 volte il permesso di soggiorno c'era anche il rischio di dover lasciare tutto li', ma l'ambasciatore , mosso a compassione, ci consiglio' un espatrio e un rientro. Cosi' x ben 2 volte "espatriammo" in Cile e rientrammo (2 ore di deserto ..si poteva fare) Da aprile a luglio, 4 lunghi mesi di attesa. Non si muoveva una foglia, il nostro bimbo ormai camminava, ci chiamava mamma e papa'. Ma non ci siamo mai disperati: la Fede ci ha sempre dato una grande forza....tanti amici , sacerdoti, vescovi..tutta l 'AC diocesana ci hanno sempre sostenuti. Finalmente, verso la meta' di luglio si sblocca tutto riaprono i tribunali e ci affidano ad un altro giudice il vescovo del luogo, contattato dal mio vescovo, ci offri' l'aiuto del suo avvocato e cosi' ricominciammo il processo con tutte le carte a posto. Aspettando la SENTENZA arriviamo ai primi di settembre e arriva la notizia che se mio marito non rientra entro il 15 a lavoro viene licenziato. Non fu facile, ma mio marito il 14 settembre prese l'aereo e fece ritorno a casa e la mattina del 15........lui al lavoro e io con il certificato del bambino con il suo nome completo ed il nostro cognome. Non vedevo l'ora di partire ...un'emozione indescrivibile! ma mi aspettavano ancora giorni duri. Lì all'Hogar di Moquegua ormai avevo tanti amici che mi aiutavano un po' in tutto, dovetti trasferirmi a Lima per espletare tutte le altre pratiche in 15 mesi quelli furono i 15 giorni piu' brutti. Sola col bambino in una camera di albergo a girare per Lima con faldoni di documenti....da un ufficio ad un altro.....insomma ..con l'aiuto di Dio, passarono anche quei terribili 15 giorni e FINALMENTE il 6 ottobre 1992 (nn ci credevo!!!)...siamo saliti sull'aereo che ci avrebbe riportati a casa. 17 ore di volo, ma la felicita' immensa. Atterranno a Fiumicino, ci attendevano mio marito, mio papa' e il mio fratellino, che ora non c'e' piu' ancora qualche ora e siamo arrivati a casa dove c'erano tutti: un bel fiocco azzurro alla porta...GIOIA..tanta GIOIA. Cominciarono giorni di straordinaria bellezza. Tanti amici a casa , tanta gente ci telefonava...il 24 ottobre in parrocchia il battesimo e una grande festa nel salone parrocchiale.... tutto procedeva al meglio...io a gennaio ripresi ad insegnare nelle materne....ma il bambino rimaneva malvolentieri coi nonni ...allora ..avevo fatto tanti sacrifici per lui...dovevo dedicargli tutto il mio tempo ..cosi' lasciai l'insegnamento e cominciai a fare la mamma a tempo pieno....eravamo 2 genitori felici....il bambino cresceva bello, sereno, amato.....pero' la vita ci chiedeva ancora qualcosa. Nel 1998 a mio marito viene diagnosticata la SCLEROSI MULTIPLA, ora e' su sedia a rotelle e io lo accudisco come facevo un tempo col mio bimbo.

lunedì 20 ottobre 2014

La notte..e il dolore

La notte non era mai stata tanto buia... Ansimante si alzava dal letto in preda ad una frenesia. Il pensiero correva sempre a quel ricordo. A quella telefonata notturna che aveva spezzato il suo mondo. Ormai il telefono non era piu' acceso. Nulla avrebbe potuto interrompere il suo sonno. Ma non c'era notte senza quella scena. Puntuale e tremenda giungeva verso le 3. Come un orologio pignolo e crudele, ogni notte si svegliava di soprassalto. E pensava... Pensava al vuoto, al dolore. All'indescrivibile sensazione che lasciò quella telefonata. Ed al rimorso, di non esser stata lì. Nulla l'aiutava, ne' gli amici, ne' la famiglia. Il giorno indossava una scomoda maschera di serenità per dar forza agli altri. Ma lei credeva di non avere più radici. D'improvviso si sentiva fragile. Di una fragilità che non conosceva. Si, perché lei è forte…dannatamente forte . Eppure dai suoi occhi scendevano lacrime amare. Lacrime che nessuno asciugava. Cosi', decise di abbandonare il suo lavoro, la sua passione, il suo talento. Mortificò la sua anima e la sua vita perche' non aveva mai provato un dolore simile. Finche' un giorno, guardando sua figlia , la cosa piu' bella che la vita gli avesse donato , riprese in mano la sua vita , e piu' forte di prima si rialzò... E sono convinta che il padre, dall'alto sorridente la osserva.

sabato 18 ottobre 2014

La chiesa del Carmine

...a Somma vesuviana, c'e una Chiesa, relativamente grande che ha significato per me tantissimo: la Chiesa di San Michele Arcangelo, nella piazzetta del Carmine, per la qual cosa noi Sommesi la chiamavamo e la chiamiamo ancora oggi la Chiesa del Carmine. Sono nato e cresciuto nei paraggi in una stradina che si trova tra la via Santa Croce e la Via Annunziata. Da bambino e poi da giovanetto giocavamo in certi posti che prima erano terre coltivate, sino agli anni sessanta, poi sono diventati tutti edificati e la morfologia della zona e' cambiata radicalmente.Il mio battesimo lo ebbi proprio in questa Chiesa, li dove piu' tardi coronai nel matrimonio un sogno d'amore. Poi la vita, il lavoro mi ha portato fuori dalla mia amata Somma in un' altra regione, ma nelle notti insonni pensavo spesso alle mie origini e a quella Chiesa. Conobbi la donna che divenne mia moglie in una serata del periodo pasquale degli anni 70, nella Comunita' di giovani che avevano creato un coro ed io allora ne facevo parte in qualita' di musicista, il Sacerdote di allora un omone grande e sempre col sorriso sulle labbra, ci concedeva ampi spazi e vivevamo la nostra vita semplice, ma ricca di valori. Poi un male improvviso lo porto' via e qualcosa cambio' anche per noi. A volte il destino riserva strane sorprese agli uomini.Dopo anni di lontananza da Somma, ci ritornai, e pure abitando in una casa di proprieta' della mia famiglia, non lontano dal Carmine, non sentivo piu' mio quell'ambiente. Quindi pure Cattolico impegnato, sentivo Messa in altre parrocchie, pur restando a Somma. Ma il destino riserva strani momenti a noi esseri umani, e ci costringe a lasciare il nostro modo di essere e di vivere. Oggi pur vivendo nel mio paese di origine,ed essendoci tornato da vari lustri, mi sono accorto che da piu' di venticinque anni non varco l'entrata di quella Chiesa, che tanto come luogo sacro ha rappresentato per me.Ci passo spesso per quella piazzetta, ma un pensiero latente e continuo mi impedisce di entrarci, strana cosa che nemmeno io so' spiegare.Forse il mio inconscio rifiuta l'idea di ricordi che potrebbe suscitare in me quel luogo sacro. Forse la paura e la delusione di non vedere piu' quei giovani del mio tempo, oggi uomini fatti, e ahime tanti di loro chiamati prematuramente alla casa del Padre.Ma ho lasciato li' il mio cuore, la mia gioventu', i miei sogni, le mie giornate piu' belle, sorrisi di persone che non ho piu' rivisto, forse me stesso cosi' cambiato dal tempo.Come in un film a volte rivivo quei momenti e ancora una volta vorrei inginocchiarmi in quei banchi e sentire il profumo dell'incenso che brucia per osannare nostro Signore e quel silenzio che non ha prezzo,che tanto parlava alla mia anima e al mio cuore. Orso Vesuviano

Sogni e bisogni

Ho passato i miei giorni più belli cosi, assaporando l'attesa dietro le quinte, annusando l'odore del legno di un palcoscenico vecchio, calpestato, torturato, violentato e ora dolorante. Ho amato con nomi di altre persone, ho pianto per i dolori di altre donne, ho gioito convincendomi che la realtà di quel momento fosse solo mia, di nessun altro, di nessun personaggio se non quello di me stessa. Sono addirittura arrivata a poter pensare che quella mia realtà superasse ogni funzione scenica, e fosse mia perché preziosa, senza che io dovessi condividerla con il pubblico del quale prendevo concezione solo a spettacolo terminato, quando ritornavo me stessa. È in quel momento finisce la mia magia: ritornare ad essere la ragazza di provincia, minuta, timida (checché se me dica) che ancora non trova un posto nel mondo e spesso disadattata. Quella che il mondo lo vuole completamente prostrato ai suoi sogni, ma non ha la forza di tenergli testa. Finisce tutto cosi, a sipario chiuso, a trucco sciolto dalle lacrime, a luci spente, quando poi tutti tornano a casa, felici o pentiti di aver pagato un biglietto, memori di una storia che forse è stata per alcune ore anche la loro. Ma quando recito è la mia, prima che di chiunque altro. Vivo 5,20,40 vite di donne diverse, che poi conservo dentro e riemergono quando voglio. Bambina, servetta, prostituta, sorella, figlia, amante, e poi ogni volta me stessa. Me. Il mio sogno, è diventato prima di tutto bisogno. Ciò che mi ha dato la forza di amarmi, la cosa più difficile. Ciò che mi ha aiutato a vedere i colori anche dove non c'erano... Non è solo una passione,è il mio bisogno: "il teatro mi costa meno dello psicologo". E cosi io vivo.

venerdì 17 ottobre 2014

L'abbraccio desiderato

Pelle ambrata e occhi felini si avvia a passo veloce nel lungo viale di campagna. Curatissima e affascinante nonostante i leggings e t-shirt, con sguardo attento osserva il territorio in cerca della sua preda, come solo una pantera sà fare. E una di quelle donne che lascia il segno, che quando passa non puoi non girarti.... di quelle che appaiono come delle visioni. I lunghi capelli corvini volteggiano nella leggera brezza primaverile incorniciando il suo viso regolare e perfetto come un quadro d'autore. Ad aspettarla , con aria distratta, un uomo alto, di bell'aspetto, che finge di parlare a telefono. Sono le 15 e la stazione è vuota. Credendo di essere soli, lontani da sguardi indiscreti, si raggiungono e si perdono in un abbraccio di desiderio e passione. Le labbra unite per pochi momenti, gli occhi negli occhi in un silenzio che fa rumore. Ma è solo un momento, rubato e nascosto. Si allontana furtivamente dall'amante. Il suo viso è teso, il corpo s'irrigidisce. L'uomo cerca di trattenerla, ma lei sfugge. Ha un marito a casa che l'aspetta e lui una moglie. Ma l' attrazione è troppo forte ed i corpi si riuniscono in un abbraccio sempre più stretto, incuranti di chi sta passando e scoprirà il loro "amore infedele".

"Non siamo amanti"

Era una fredda ma assolata mattina di gennaio, Stefano percorre la solita strada che lo porta a lavoro...di scatto fa una svolta e torna indietro verso Ottaviano come attratto da una forza misteriosa...Prende il telefonino e compone un numero: Buongiorno! Una voce di donna risponde conoscendo già il numero, che c'è tutto bene, ancora devono chiamarmi per il prelievo tu dove sei? Io? All'ospedale a venti metri da te, voglio salutarti un attimo...Chiara contenta ma preoccupata, sei un pazzo, disse, sali un attimo, a momenti arriva anche Antonio, mio marito...Stefano salì veloce le scale voltò a destra, non riusciva a vederla tra anziani e bambini che aspettavano impazienti in fila...ma ecco che apparve alla fine del corridoio con il braccio piegato e il dito premuto sull' arteria del prelievo,cosa da niente ma lui aveva l'istinto di proteggerla come si proteggono i bambini. La guardò negli occhi ebbe l'istinto di abbracciarla forte davanti a tutti, lei si ritrasse per paura che qualcuno la riconoscesse, poi si infilarono in una medicheria socchiusero la porta e si abbracciarono forte, lui spostò l'ovatta dalla puntura e le bacio il braccio. Il tempo sembrava fermarsi, poi le voci provenienti dal corridoio interruppero quel sogno...lei disse "ti amo, non so perché e in che modo, adesso vai ti prego potrebbero vederci, non siamo amanti"...lui rispose, no non lo siamo, anche io ti amo, per sempre...Stefano scese di corsa le scale, guadagnò l'auto e si avviò verso Napoli. Chiara lo guardava dalla finestra finché l'auto non svoltò alla prima curva, pensò: Perché Amo Stefano, chi é? Perché mi fa stare bene, perché é così diverso dagli altri? Perché mi protegge, perché? Il principe

giovedì 16 ottobre 2014

Vruccol figli e foglie....spiga e fa a' semmenta

VRUOCCL FIGLI E FOGLIE....SPIGA E FA A'SEMMENTA, o propriamente"tale padre tale figlio". Ricordava ancora quel "solleticante piacere" salendo i gradoni dell'università, pensava:"ah qua non mi conosce nessuno, sono un'anonima matricola"!!!appena il tempo di pensarlo che si senti chiamare a gran voce. Bhe! del resto Marilyn steva pur sempre al Corso Umberto mica a New York !!!avrebbe poi capito nel tempo che"ovunque vai semp.....nu summes troverai"!!!!. Che angoscia scoprire che era sempre sommese anzi vesuviana, perché é abitudine comune nei nostri piccoli centri che almeno una volta ti sia sentito dire"a chi si figl?" O la scemita' subito dopo il meravigliato riconoscimento"dimm a chi rassumigl ca te dic a chi si figl". E te lo porti addosso, come peso, come zavorra, come vanto o con orgoglio. ...e non ultimo con affetto, perchè il che si dica i nostri cari ci sono cari e "o sangh s'mazzch ma nun s'sput". Eppure c'era stato un tempo in cui se ne se ne era sentita soffocare ed era scappata. Ma a 20 anni chi non si sente soffocare in un piccolo centro? "un'amore travagliato, l'esame andato male e :"ME NE VADO AL NORD". Quattro mesi di lavoro a tempo determinato.e a parte il lavoro...."assoluta assenza di storia"!!ma mica la sua. Marilyn riusciva a farsi amici con una tale facilità, ma quanta assenza!!! Passeggiava per i viali alberati,dove gli alberi erano allineatamente tagliati a dovere, dove manco una foglia imbrattava il marciapiede. ...ma tutto era estraneo.... La mente andava a quel gradone a Corso Umberto dove per terra c'era la lapide di quel marinaio morto per la libertà di Napoli. Quando mangiava il gelato non si perdeva negli incroci di Nola trovandosi regolarmente davanti alla strada di Giordano Bruno...i ragazzi belli, gentili...ma anonimi pure loro e il"veneto"con cui usciva ...bello come un adone con occhi occhi verdi ....gli ricordava sempre il suo mare,quello di Mergellina e dei taralli e la birra!!!.Insomma quando a scadenza del contratto il papà la chiamò "ma quando torni?" non esitò...e senza coda fra le gambe torno cosciente del fatto che"se tutti se ne vanno,qua chi resta a tentare di far funzionare le cose?". MAI IL rammarico ......però il"a chi si figl? "la torturava....sia chiaro non "l'appartenere a"ma l'ipotesi che la gente faceva"se sei figlio di...sicuramente sei,o sai fare...(o peggio)ti piace. ." E il cavillarsi in fatti personali...in nome di una conoscenza atavica con parenti o avi...ormai assenti da decenni!!! Ed un mattino l'apoteosi Marilyn lo raggiunse in "una 'poteca alimentare". Vedendola entrare un uomo anziano chiese a un'altro uomo anziano se lei era "la figlia di..."all'annuire del vecchiariello n.2 il vecchiariello n1 disse:"signora ossapit io stevo di casa vicino ai vostri nonni....eh! Chill o nonn vuost era nu disgraziato . S'appiccicava semp ca mugliera....signo' chill a facev e corn!!" Ed ecco che nonostante il self-control che deve avere una mamma, che si mostra tanto signora "bon-ton"...Marilyn ingoiò la boria che sentiva salire in gola....e disse candidamente: "dei miei nonni ricordo che la nonna aveva avuto 14 gravidanze, e a 65anni ne mostrava 80; il nonno a 70 anni ne mostrava 50, bello come il sole...e amato, si tanto amato...e dei vicini mi diceva: "semp invidia e mai pietà".... Ed ecco che dunque ci chiediamo Ma é giusto che dopo anni di evoluzione della specie, emancipazione storica.....tecnologica.......si può ancora vivere di :"a rareca rarechea?"......."..noi siamo quel che siamo o l'evoluzione comtemporanea dei nostri genitori...o nonni?

La mia ossessione

Era stata la mia ossessione per anni. Avevo amato lui come nessuno, lo avevo messo prima di me, dei miei desideri, delle mie ambizioni ed ero stata ripagata sempre, o quasi sempre, col dolore, col menefreghismo, con l'egoismo. Lui amava se stesso e nessun altro. Forse si, in qualche piccola parte del cuore aveva amato anche me altrimenti non si spiegava quell'andare e venire. Quello sparire e poi tornare in ginocchio chiedendo perdono. Lui era per me il "Big" di Carrie di "Sex & city". La nostra storia era cominciata e finita decine di volte che neanche gli amici ci credevano più. C'erano stati anni belli dove avevamo sognato una vita insieme, una famiglia. Sapevamo persino il nome dei nostri figli, ma era finito tutto presto. Aveva mandato in frantumi il mio cuore e poi aveva cercato di rimetterlo insieme, ma i cocci di una cosa rotta non si ricompongono mai perfettamente. Avevo provato a vedere se il mio amore sarebbe bastato per entrambi, ci avevo provato disperatamente. Mi sentivo come un marinaio che affronta la tempesta perfetta in mezzo all'Oceano. Alla fine da quella tempesta sono uscita ferita, ma non morta. Porto le cicatrici di quegli anni e forse le porterò per sempre. Difficile per me credere che un uomo possa amare davvero, difficile per me credere che quando sento che mi sta mentendo non lo sta facendo davvero. Non mi fido degli uomini: sono tutti uguali. Per loro una conquista femminile conta più dell'amore di una donna che ama soltanto loro. Ed era stato quell'ennesimo sgarbo a farmi capire che dovevo chiudere. Che dovevo sbattergli la porta in faccia una volta per tutte. Avevo forzato le sue password, lo so non si fa, ma quando hai un dubbio e quel dubbio ti divora e sai che la verità potrebbe salvarti e allora che tu fai anche cose che ritieni illecite. Avevo aperto Facebook, le sue email e nonostante avesse cancellato le conversazioni o parte di esse, tra notifiche e vecchi messaggi era tutto lì davanti ai miei occhi. Inutile raccontare cosa ho trovato, ma ero tutto lì nero su bianco. L'affronto maggiore me l'ero evitato, l'avevo beccato mentre stava combinando l'appuntamento con una ventenne dai modi e dagli atteggiamenti completamente opposti ai miei. L'avevo definita un "sassolino di campagna scovata in una masseria". Che banale che era stato. Lo stesso giorno che a me inviava cuori e messaggi e prometteva che sarebbe venuto a riprendermi per portarmi in "una casa dove vivere per sempre insieme" passava dove vivo "soltanto per vederti", scriveva a lei di ipotetici sentimenti che stava cominciando a sentire. Ho pianto, ho strillato, mi sono seduta a terra, ho chiamato una cara amica che mi ha sentito piangere e chiedermi quanto "fossi stupida". Ma poi ho smesso, d'improvviso, mi sono pulita il viso, mi sono alzata in piedi. E in quel momento il grande amore che avevo provato non c'era più. Si era spento un interruttore. Lo so sembra strano, ma a me capita sempre così. Quando smetto di amare sento proprio un "clic" quello di quando spegnevi le luci nelle vecchie case. Adesso poteva andare da lei, vivere quella storia "vrenzola" con una che veste in modo pacchiano, che sbaglia a scrivere in italiano, che non si fa mancare le sceneggiate in mezzo alla strada, insomma una donna degna di lui. Io avevo un futuro davanti, ero una donna libera e stavolta lo sarei stata sul serio. Non mi sarei più fermata.

Il bastone e la carota

Stava usando un metodo noto soprattutto alle donne: quello del bastone e della carota. Inconsueto per gli uomini, più abituati ad essere diretti e rapidi. E invece lui ricorreva una volta alle buone e l'altra alle cattive maniere. Forse pensava che così, alternando attenzione e oblio, avrebbe vinto la mia cocciutaggine. Stava sbagliando e presto glielo avrei fatto capire. Era una sfida ormai era chiaro, e lui non avrebbe vinto. Del resto quello che volevo lo avevo già ottenuto. Mi aveva detto: "Non mi piaci", in un modo così brusco che mi aveva ferito, ma poi se l'era dovuto rimangiare. Una sera nella sua auto mi aveva preso le mani e mi aveva sussurrato "Lo senti che mi piaci", ed era evidente, dagli occhi, dai sorrisi, dagli atteggiamenti. Per settimane la sua bocca aveva detto una cosa, ma il suo corpo continuava a dirne un'altra. Mi aveva detto "non mi interessi" e poi, invece, in una delle rare telefonate partite da lui era arrivato a dirmi "Un giorno di questi tu mi farai impazzire". Avevo desiderato stringerlo e lo avevo fatto, avevo desiderato quelle parole e le avevo avute, non mi interessava nulla più. Forse o forse no. Forse avrei voluto quel corpo che il mio inconscio mi aveva fatto sognare per più di una notte e non avevo avuto il coraggio di prendermi quando mi era stato offerto. Adesso, però, questo suo farsi vedere e poi negarsi, messaggiare e poi sparire stava diventando fastidioso. Una di quelle cose da stroncare immediatamente. Non potevo più passare il tempo a guardare il telefono per capire se mi avesse risposto, se avesse "visualizzato" su quel maledetto "what app". Lui giocava usando una tattica, io le tattiche e le strategie non le ho mai sopportate. Sarebbe stato più facile dirmi "voglio stare con te stanotte e nulla più" e forse l'avrebbe ottenuto ed invece continuava a farsi desiderare. Quella sera dopo una sfilza di messaggi e telefonate cadute nel vuoto al quale lui si era degnato di rispondere soltanto una volta...con la scusa del cellulare scarico, degli impegni di lavoro, della famiglia, o di qualche nuova "amichetta" cui dover prestare attenzione io mi ero sentita offesa. La rabbia non mi passava, l'avrei chiamato solo per dirgli quanto era stronzo. Ma ne valeva davvero la pena? "Lui non sta capendo nulla di me e tra noi due non sono certo io a perderci". Me lo ripetevo davanti allo specchio del bagno mentre mi struccavo. Tutti mi dicevano che stavo diventando più bella, ed era così. da quando mi ero accorta di lui, da quando mi aveva fatto venire i brividi con uno sguardo avevo cambiato modo di vestire ed avevo messo maggiore attenzione nel truccarmi e lui come mi ripagava? Col finto disinteresse. Quando scherzando gli avevo detto che a parte gli occhi belli non aveva niente, che nel cuore c'era solo spazio per lui, non avevo forse così torto. Questa notte gli manderò l'ultimo messaggio e poi archivierò le conversazioni, cancellerò il numero dalla rubrica. A lui lascerò l'ultima parola. Ma dovrà saperlo, qualsiasi cosa deciderà di fare io ho bisogno di calore il freddo lo conosco e non voglio viverlo più. Però il desiderio di realizzare quel sogno e vivere quella passione fatta solo di corpi senza sentimenti mi resta nella gola come una sete non appagata.

mercoledì 15 ottobre 2014

Uno splendido mostro

....dopo la visita piuttosto accurata con la macchina ecografica, il dottore in camice bianco e con gli occhiali spessi, invitò la donna con fare compito a sistemarsi gli abiti e se fumava, ad accendersi una sigaretta. Era una tiepida giornata di fine marzo, e qui a Somma Vesuviana, un paese alle falde del Monte Somma, il tempo sembrava scorrere più lento. La donna, dopo essersi ricomposta, si accese una sigaretta e si preparo' ad ascoltare la diagnosi del medico. All'improvviso le sembro' che tutto esplodesse come una bomba, e' la vita smetteva di essere tale, la diagnosi, a detta del medico era più che nefasta, il feto, già a diverse settimane di gestazione, presentava una malformazione della fossa cranica anteriore del tipo DANDY WOLKER, che prendeva il nome del medico che per prima aveva diagnosticato tale malformazione. Quindi, asciugate le lacrime, senti' il consiglio del medico, subito applicazione di post glandine per far si che avvenisse un aborto spontaneo, altrimenti sarebbe nato un bimbo o una bimba con una malformazione che nell'aspetto la rendeva orribile, ma con pochi mesi di vita. Il marito della donna cerco' di consolarla alla meglio, ma ci riusci' soltanto in parte, anche lui miserevolmente in cuor suo aveva scelto di seguire il consiglio del dottore. L'indagine ecografica fu ripetuta diverse volte e il risultato era sempre lo stesso. Ma la donna rifiuto' tale consiglio e decise di portare fino in fondo la gravidanza, affermando che se anche fosse nata un mostro, l'avrebbe considerata una grazia di Dio: era sua figlia. Intanto, intorno ai genitori si era fatta terra bruciata per la scelta della mamma, di tenere quel figlio o quella figlia comunque. Cosi' il tempo passo' tra pianti, preghiere e speranze, finchè giunse il giorno del parto. Era un bellissimo giorno di ottobre, e nacque il mostro, ma mostro di bellezza, una splendida bambina dai capelli rossastri, bella in ogni suo aspetto, visitata subito da un equipe di neurochirurghi e neonatologhi, che senz'altro affermarono che la bimba era perfettamente normale. I genitori non permisero a nessuno i primi tempi di vedere quella bellissima bambina, perche' tutti erano li avevano ostacolati contrari alla scelta di quella mamma coraggiosa, di farla nascere comunque. Oggi e' una splendida donna di circa 30 anni, amata e coccolata dal suo uomo, da chi l'ha vista nascere e da chi ha imparata a conoscerla. Vive nella sua amata Somma, ed è una made in sud di razza, e permettetemi l'ardire e' mia figlia. Orso Vesuviano

"Il nodo" dell'insonnia

Se non avessi avuto il mio percorso di vita forse oggi non sarei quella che sono. Questo mi ripeto tutti i giorni, tutte le notti quando dopo aver spento quella lucina che mi tiene sveglia tra una lettura e l' altra. Resto sola a pensare, a tentare di analizzarmi e a trovare sempre un speranzoso motivo per sorridere! Non sempre trovo una spiegazione, né un motivo a un qualcosa che è andato in maniera diversa di come pensavo. Il silenzio mi fa compagnia mentre penso a cosa fare l'indomani "sbirciando" nel passato. Sembra quasi che questo legame non voglia sciogliersi, legato a nodi così stretti che nonostante le "unghie" lunghe e ben affilate non c'è possibilità di slegare. E allora mi viene in mente una frase di un film. "Esiste una specie di setta della quale fanno parte uomini e donne di tutte le estrazioni sociali, di tutte le età, razze e religioni: è la setta degli insonni, io ne faccio parte da dieci anni. Gli uomini non aderenti alla setta a volte dicono a quelli che ne fanno parte: 'se non riesci a dormire puoi sempre leggere, guardare la tv, studiare o fare qualsiasi altra cosa'. Questo genere di frasi irrita profondamente i componenti della setta degli insonni. Il motivo è molto semplice; chi soffre d'insonnia ha un'unica ossessione: addormentarsi". Sì addormentarmi!!! Questa è la mia ossessione. Addormentarmi e svegliarmi con la speranza che quel "nodo" si sia finalmente sciolto da solo.

martedì 14 ottobre 2014

L'amore infedele

Lui, cinquantenne, seduto al tavolino accanto al nostro di un noto bar alle falde del Vesuvio, camicia bianca, giacca blue, jeans e sneakers chiare. Ha un taglio di capelli indefinito...tutto sommato un bell'uomo, assorto a scrivere sul suo cell...sembra un piccolo uomo d'affari preso dai suoi problemi, ad un tratto il nostro sguardo cade su una avvenente donna molto giovane,bella e dai lunghi capelli rossi e mossi ben vestita e tacco a spillo,che passa con una finta aria indifferente lungo questa strada dove difficilmente si passa a piedi. L'uomo come se fosse un incontro del tutto casuale le fa un cenno di riconoscimento, mentre lei con aria sorpresa dice:"Hey ciao!". È bastato un attimo per capire che questo incontro fosse già pianificato, l'intimità dei loro sguardi è troppo palese,imbarazzati si guardano intorno.. lei si siede accanto a lui ed è iniziata una conversazione fatta più di sguardi complici che di parole. Di sicuro è una storia di amanti, una storia che può sembrare sbagliata..Una storia d'amore. La domanda che vi poniamo è questa: "È giusto vivere un amore proibito o bisogna reprimersi e restare con il rimpianto di una cosa che poteva essere?"...

lunedì 13 ottobre 2014

Somma come Wisteria Lane

Proprio come Susan Mayer, personaggio noto a chi ha seguito la serie Desperate Housewife, mi ritrovo spesso in situazioni surreali ed incredibili, situazioni tragicomiche in cui fai fatica a capire se piangere o ridere. Susan svampita, distratta, all'apparenza poco attenta a tutto quello che le accade intorno. Quella che dispensa ottimi consigli agli altri ma una frana a sbrogliare l'intricato intreccio della sua vita. Quella che trova immediatamente la soluzione al problema degli altri, ma quasi mai riesce in breve tempo a risolvere i propri. Un passato complicato e doloroso. Un presente vissuto di incertezze e riflessioni. La stessa Susan che di proposito crea l'ingorgo al lavabo della cucina per poter chiamare l'idraulico, suo dirimpettaio, quell'idraulico interessante e misterioso. Una vita la mia, vissuta in maniera molto simile a quella di Susan, perennemente tormentata da qualcosa che le sfugge. Ad un passo dalla soluzione, ad un passo dalla felicità che cerca di afferrare...invano. L'idraulico nella serie, si innamora di Susan, la sposa dopo varie vicissitudini. Poi però sul finale muore. Una metafora meravigliosa che spiega perfettamente il senso della vita di ognuno. La felicità è di breve durata, brevissima basta solo viverla intensamente.

O' ragù e Brooke

Era inevitabile prima o poi la "maresciallina" avrebbe fatto della sua ironia una sorta di scudo per difendersi dal mondo e da quelli che, nonostante si dichiarino "emancipati" sono i primi a giudicare e a "tatuarti" a fuoco quel marchio indelebile che neanche a "cancellarlo" con le più sofisticate tecniche va più via. Allora lei, la maresciallina, seduta su quella panchina osservava, ascoltava, aveva immagazzinato tutto soprattutto era riuscita a capire il carattere di tutti e ogni tanto se ne usciva con una sua filosofia di vita. Una sera tra una tisana al finocchio e un cappuccino si discuteva su una questione di elevata importanza socio-culturale. L'emancipazione femminile con tutte le conseguenze nel corso degli anni aveva prodotto effetti positivi o negativi? Si esprimevano pensieri diversi ; la "maresciallina" disse la sua indicando nell'immagine di Brooke, una delle protagoniste della celebre puntata di Beautiful, l'esempio di donna "moderna" ,si ! era proprio lei che aveva rovinato tutto, c'era poco da fare. Lei che in anni ed anni di puntate non era mai comparsa ai fornelli, e dico mai..sempre ripresa a sbaciucchiarsi o intenta a "rubare" i mariti delle altre. Si si la colpa era sua, se non si era più in grado di preparare un ragù di quelli di una volta dove la "braciola" aveva la meglio sulla "cotica" e viceversa, dove i "sapori" unici erano quelli di "casa propria". E allora una soap che dura una vita. ...può aver trasformato la vita stessa?

domenica 12 ottobre 2014

Mister Ice

Lo conoscevo da anni, e come potevi non conoscerlo. Famiglia nota, quasi gli stessi studi, amico di amici di altri amici. In molti casi me l'ero ritrovata anche agli stessi eventi. Ma finora non mi ero accorta che "esistesse". Capita, mi capita spesso di vedere qualcuno per anni e poi improvvisamente accorgermi che c'è, che ha delle cose interessanti da dire, che insomma non va escluso a priori dalle mie conoscenze. Non sono snob, molto più semplicemente timida. Mi sono fatta una corazza, voglio evitare di affezionarmi per non soffrire. Questa estate però ho cambiato filosofia di vita: "meglio tentare che restare col rimpianto". Così è stato. Un giorno ad un pub con altri amici mi sono accorta che c'era lui, "mister ice". Un soprannome più che azzeccato. Occhi di ghiaccio e cuore altrettanto freddo, o almeno è quello che vuole mostrare. Chissà forse anche lui ha paura di farsi vedere per quello che è. Ma non avevo ancora capito il suo potenziale, l'ho fatto col tempo. Forse il giorno che gli raccontavo di alcune mie vicissitudini e lui con una semplicità disarmante mi aveva risposto: "Vivi con scioltezza". Mi aveva colpito. E così quando capitava di incontrarlo ho cercato di guardare oltre il "ghiaccio" per provare a capire cosa avevano da comunicare quegli occhi belli. Mi ci sono messa d'impegno. C'erano serate che ho aspettato apposta che comparisse dove ci vediamo con gli amici, e passava quasi sempre per salutare con un bacio sulla guancia e poi fuggire quasi subito ad altri tavoli dove lo vedevi farsi abbracciare da ragazze poco più che ventenni o a chiacchierare amorevolmente con donne adulte. Un piacione, insomma. Quello che sulla carta dovresti scartare a priori. Ma le cose che diceva e dice sono profonde e non capita spesso. Per cui mi sono incaponita. Un giorno parlavamo di sentimenti, rapporti umani. Volevo capire a cosa era dovuta tanta freddezza, quel distacco. Lui me lo spiegò con poche parole: "Io ho sofferto per amore, ecco se non comprendi questo non so cos'altro dire". Non aveva detto nulla e aveva detto tutto. Non sapevo se lui avesse ragione, se fosse giusto arrendersi così. Decisi però che non c'era più nulla da fare, non potevo forzarlo a dire quello che non sentiva. Pensai che il nostro rapporto l'avrebbe definito il tempo. Ripensando insomma alla mia nuova filosofia di vita non so se lui diventerà un rimpianto o un rimorso. Però oggi mi chiedo: E' giusto provare a sciogliere il cuore di un uomo di ghiaccio per trovarci magari un posto caldo dove accoccolarsi o è soltanto tempo perso?

Essere o apparire

Forse é. ..o non é. ...e tanto appare!!!"e comm c'e piace e appari'" Lei arriva di corsa e mai , o raramente finisce una serata."Nu per co'tacc e l'altro con la ciabatta"...perche lei veramente non si é capito si fa a' mamma"core e mamma soja"o ne sta recitando la parte? ARRIVA con il cappuccino sulle labbra,una delle poche dipendenze che si concede,e per i 3/4 della serata:"aeee mo'sient a mio marito,devo andare via..."intanto resta,sorride,ammicca,sussurra e pur guardando l'orologio non se ne va....in fondo a quell'ora,ormai,l'aspettano solo le ciabatte. Dismessi i tacchi da diva,s"infilera' silenziosa nel letto al sicuro abbraccio di chi"ha passat o 'guaio",ma pur di averla aspetta! . Lei distratta a volte sembra scema e assente ,come solo "le bionde sanno sembrare sceme e addenti",lei che una sera all'Angolo, alla domanda"hai mai sofferto?"rispose"no!",perché quella sera recitava "la felice"!!!! "Ma comm s'po' risponnere "no"se a 40 anni rincorri le amiche" pe 'te scurdat sicuramente coccos". Lei ca a Maresciallina lo dice"primm t'mbare e po't' perd".Lei che se la conosci bene, sai che fa la disinibita ma e "crisciut int'a parrocchia" ed é cchiu scema ca'bona!!!Insomma come per la Norma Jean ,anche qui ci si chiede ma"la Marilyn nostrana"CI FA'O CI E'? E in un paese pronto a crocifiggerti perché a 40 anni,nonostante i figli ti tieni in "tiro" curando il tuo aspetto; nonostante il marito ti circondi di amicizie maschili e fai tardi al bar....incurante degli inciuci....e nonostante il rossetto glamour e le unghie laccate ....passi la notte a fare la lasagna per coccolare l'uomo che hai sposato ......dunque...Meglio essere o apparire? E soprattutto in un posto dove l'inciucio e lo sport più a buon mercato "l'apparire può soccorrere l'esigenza di difendere-si l'essere???

Filosofie di vita

“Avita fa una morte". Eh?!? Una sera così all’improvviso quella maledizione tipica della nostra tradizione partenopea era entrata a far parte del nostro modo comune di parlare. Quando una discussione coinvolgeva qualcuno di quegli uomini che ci avevano, e ci rendono, la vita impossibile lei, la “maresciallina” se ne usciva con la sua filosofia di vita personale che era diventata anche la nostra: “Avita fa una morte”. Sia ben inteso, metaforica e non fisica, certo è che codesti personaggi dovevano sparire simultaneamente e in modo repentino dalle nostre vite. E lei, che avevamo deciso di chiamare così la “maresciallina”, per il suo piglio fermo e deciso, ci spiegava in cosa consisteva la filosofia del far fare agli uomini la stessa fine nel medesimo momento. “Se la casa ti pesa, se tuo marito ti "abboffa" se i tuoi figli ti portano all' esasperazione non temere...ci siamo noi, le uniche...meravigliose girls che soffrono gli stessi problemi ma fanno del loro motto la loro ancora di salvezza... "Avita fa una morte"”. E come potevamo dargli torto. Una bella maledizione metaforica può sollevare il morale?

Le domeniche pomeriggio al bar e gli incontri che….

Il bello dei bar di domenica pomeriggio sono gli incontri che puoi fare. Così capita che mentre raggiungi la tua amica per il consueto caffè post pranzo all’immancabile “Angolo del Dolce”, ti ritrovi seduti ai divanetti quello che noi chiamiamo un "coacervo di menti". Giovani professionisti di successo, medici, avvocati, imprenditori tra i più noti della città. Quelli che sono cresciuti insieme fin da piccolini, un po’ perché i loro padri prima di loro erano tra le persone più conosciute del paese, un po’ per l’età anagrafica e gli interessi. E mentre tu sei lì a spiegargli del progetto del blog, dell’idea di raccontare Somma “fuori dalle righe” e fai l’esempio di “Sex & City” ti senti rispondere …”a la storia di quelle 4 zoccole”…bene, ehm ehm…direi che non partiamo bene. Ma poi il discorso si “eleva” e allora si tocca il tasto politico. Il più delicato di tutti, in una comitiva si è amici, ma le idee politiche sono le più diverse. Finito di discutere di linee amministrative di “chi era meglio di chi”, o chi “ha fatto peggio di chi altro”. Loro si dileguano per andare a “coccolare” gli elettori, per raggiungere le fidanzate rimaste a casa o per vedere il match della giornata “Juventus-Roma”. E’ a quel punto non hai neanche il tempo di dire “a”, che ti arriva quasi tutta la maggioranza consiliare, guidata dal consigliere “pesciolino rosso”. Insomma un vero “cambio della guardi”: i divanetti restano e gli occupanti cambiano. E allora proviamo a rigiocare la carta “blog”, anche stavolta senza successo. L’unica cosa che ne tiriamo fuori sono alcuni pseudonimi: Pesciolino rosso, Toro scatenato, sua eccellenza ‘a bacchetta, o’ cavallo co per janc”, l’anaconda” Chi saranno mai? E allora cerchiamo di capire cosa accade in maggioranza, qualche domanda birbante, alla quale però giungono risposte rassicuranti “tutto sotto controllo”. Sciogliamo la seduta con questa riflessione: “Ma allora in politica tutto è relativo? Per cambiare il parere su una questione basta cambiare il soggetto protagonista?”

Quelli de l’Angolo del Dolce

Quella che sta per finire è stata un’estate strana, a determinare umore e svaghi le condizioni atmosferiche non sempre delle migliori e la crisi economica che ci ha messo lo zampino. Così, con la voglia di superare la noia è nata una comitiva strana, la più strana che si potesse immaginare, così eterogenea che se avessimo voluta crearla apposta non ci saremmo riusciti. Punto di ritrovo, sempre lo stesso, quasi come i famosi “Ragazzi del muretto” della nostra adolescenza, ci siamo ritrovati ad essere “quelli dell’Angolo del Dolce”. Nuovissimo bar-salotto nel cuore della città che grazie alla pazienza della proprietaria Lina (che ci ha praticamente adottato, passando un guaio secondo me) è diventato il nostro rifugio. Ci andiamo praticamente sempre, ma la sera dopo le 22 è difficile non trovarci seduti lì. Susan, Mata Hari, Candy, Dante, Samantha, la “maresciallina”, Bree, Giada, Marilyn. Intorno a noi ruotano personaggi curiosi, interessanti, divertenti, di cui un po’ per volta proveremo a raccontare. Dopo 3 mesi passati a dividere le serate davanti ad un caffè ed un cornetto siamo arrivati a chiederci: “Ma a quasi 40 anni, o dopo averli appena superati, si può davvero ricreare una comitiva come quella che avevi a 18 anni, o la nostra è voglia di riavere la spensieratezza persa con i problemi della nostra generazione?”.