sabato 18 ottobre 2014

Sogni e bisogni

Ho passato i miei giorni più belli cosi, assaporando l'attesa dietro le quinte, annusando l'odore del legno di un palcoscenico vecchio, calpestato, torturato, violentato e ora dolorante. Ho amato con nomi di altre persone, ho pianto per i dolori di altre donne, ho gioito convincendomi che la realtà di quel momento fosse solo mia, di nessun altro, di nessun personaggio se non quello di me stessa. Sono addirittura arrivata a poter pensare che quella mia realtà superasse ogni funzione scenica, e fosse mia perché preziosa, senza che io dovessi condividerla con il pubblico del quale prendevo concezione solo a spettacolo terminato, quando ritornavo me stessa. È in quel momento finisce la mia magia: ritornare ad essere la ragazza di provincia, minuta, timida (checché se me dica) che ancora non trova un posto nel mondo e spesso disadattata. Quella che il mondo lo vuole completamente prostrato ai suoi sogni, ma non ha la forza di tenergli testa. Finisce tutto cosi, a sipario chiuso, a trucco sciolto dalle lacrime, a luci spente, quando poi tutti tornano a casa, felici o pentiti di aver pagato un biglietto, memori di una storia che forse è stata per alcune ore anche la loro. Ma quando recito è la mia, prima che di chiunque altro. Vivo 5,20,40 vite di donne diverse, che poi conservo dentro e riemergono quando voglio. Bambina, servetta, prostituta, sorella, figlia, amante, e poi ogni volta me stessa. Me. Il mio sogno, è diventato prima di tutto bisogno. Ciò che mi ha dato la forza di amarmi, la cosa più difficile. Ciò che mi ha aiutato a vedere i colori anche dove non c'erano... Non è solo una passione,è il mio bisogno: "il teatro mi costa meno dello psicologo". E cosi io vivo.

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