lunedì 27 ottobre 2014

Malafemmina

L’olio sfrigola come un vecchio trentatré di vinile, al posto della puntina del grammofono, a consumarsi, c’è uno spicchio d’aglio che ne approfitta per indorarsi: tra poco arriveranno i pomodorini, ogni cosa al momento giusto, ogni cosa quando si deve. - Prendi un po’ di basilico dal balcone, una bella foglia grande e profumata Antonio obbedisce, silenzioso, bravo figlio, bello, come il sole, ma come non potrebbe esserlo ai suoi occhi? Poi, gli occhi, li socchiude un attimo, e dal pozzo riemerge Pasquale, la loro ultima volta insieme, il mare, le sue spalle, i suoi occhi, quelle due noccioline tostate e glassate poggiate tra la fronte e il naso, le sue mani ruvide e gentili. - Eccolo Una foglia grande grande, profumata e verde, ancora non si è accorta di essere stata staccata dal ramo che le dava la linfa. - Teniamola qui, questa la aggiungiamo alla fine, la ciliegina sulla torta. L’ultima torta è quella che aveva comprato Pasquale per il loro anniversario, un anno rubato al destino e a tutto il resto, un anno di un amore profondo almeno quanto il pozzo in cui l’aveva precipitato dopo l’ultima fettina di torta. - Finisce qui. Non ho mai amato così, non ho mai nemmeno pensato che potesse essere questo l’amore, non ho mai amato. Ma finisce qui. Ho Antonio, la famiglia, il lavoro, non capirebbero. In fondo non lo capisco anch’io. E così Pasquale, nel pozzo, ci si era calato da solo. In silenzio. Era una storia che già conosceva. In fondo l’amore, in un modo o nell’altro, finisce sempre per fare le stesse cose: arriva, inaspettato, e in un niente diventa tutto, trasformando il tutto che avevi prima in niente. Poi, quando se ne va, si porta via tutto, e ti lascia immerso nel niente. Come in un pozzo vuoto, solo echi, come i ricordi. Allora meglio starsene zitti, almeno niente echi, tipo queste stupide lacrime, forse era meglio cucinare una bella genovese, almeno avrebbe avuto una scusa a portata di mano. La voce di suo figlio. - La portaaaa La manica che sale su, verso gli occhi, a zittire gli echi ed occultare le prove. - Apri tu Antò, le chiavi, le dimentica sempre Buona salute e cattiva memoria, la ricetta della felicità: niente echi, ricordi che sbiadiscono come coltelli che perdono il filo, come l’olio che abbraccia i pomodorini in un ultimo, rantolante, sfrigolio e poi zitto, sordo, accetta tutto e va avanti. Lasciando Pasquale nel pozzo. E le sue mani. E quelle due noccioline tostate… - Eccomi Antonio butta le mani al collo della madre e ci si appende come se cercasse il modo di rientrarle nella pancia. Lei, lo aggancia con un braccio mentre, con l’altra, poggia spesa e borsetta. Poi guarda suo marito ai fornelli e sorride, forse stanca, forse dubbiosa, la salsa è un arte, certe cose non s’improvvisano, ma meglio fare di necessità virtù. E gli stampa un bacio sulla guancia. - Il grembiule ti dona, magari devo comprartene uno tutto tuo. E sorride, sincera, forse le è arrivato il profumo, la salsa è buona. Carmine unisce le pennette appena scolate ai pomodorini, e le lascia un po’ insieme, giusto il tempo di conoscersi, poi tutto in tre piatti. E poi un pezzo di basilico fresco su ognuno, a dare un po’ di colore e un po’ di profumo, magari a nascondere piccole imperfezioni. - Ottimo, magari solo un pizzico di sale in meno. Le lacrime sono salate, come il mare. FPO

1 commento:

  1. In fondo l’amore, in un modo o nell’altro, finisce sempre per fare le stesse cose: arriva, inaspettato, e in un niente diventa tutto, trasformando il tutto che avevi prima in niente. Poi, quando se ne va, si porta via tutto, e ti lascia immerso nel niente.

    :)

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