giovedì 16 ottobre 2014

La mia ossessione

Era stata la mia ossessione per anni. Avevo amato lui come nessuno, lo avevo messo prima di me, dei miei desideri, delle mie ambizioni ed ero stata ripagata sempre, o quasi sempre, col dolore, col menefreghismo, con l'egoismo. Lui amava se stesso e nessun altro. Forse si, in qualche piccola parte del cuore aveva amato anche me altrimenti non si spiegava quell'andare e venire. Quello sparire e poi tornare in ginocchio chiedendo perdono. Lui era per me il "Big" di Carrie di "Sex & city". La nostra storia era cominciata e finita decine di volte che neanche gli amici ci credevano più. C'erano stati anni belli dove avevamo sognato una vita insieme, una famiglia. Sapevamo persino il nome dei nostri figli, ma era finito tutto presto. Aveva mandato in frantumi il mio cuore e poi aveva cercato di rimetterlo insieme, ma i cocci di una cosa rotta non si ricompongono mai perfettamente. Avevo provato a vedere se il mio amore sarebbe bastato per entrambi, ci avevo provato disperatamente. Mi sentivo come un marinaio che affronta la tempesta perfetta in mezzo all'Oceano. Alla fine da quella tempesta sono uscita ferita, ma non morta. Porto le cicatrici di quegli anni e forse le porterò per sempre. Difficile per me credere che un uomo possa amare davvero, difficile per me credere che quando sento che mi sta mentendo non lo sta facendo davvero. Non mi fido degli uomini: sono tutti uguali. Per loro una conquista femminile conta più dell'amore di una donna che ama soltanto loro. Ed era stato quell'ennesimo sgarbo a farmi capire che dovevo chiudere. Che dovevo sbattergli la porta in faccia una volta per tutte. Avevo forzato le sue password, lo so non si fa, ma quando hai un dubbio e quel dubbio ti divora e sai che la verità potrebbe salvarti e allora che tu fai anche cose che ritieni illecite. Avevo aperto Facebook, le sue email e nonostante avesse cancellato le conversazioni o parte di esse, tra notifiche e vecchi messaggi era tutto lì davanti ai miei occhi. Inutile raccontare cosa ho trovato, ma ero tutto lì nero su bianco. L'affronto maggiore me l'ero evitato, l'avevo beccato mentre stava combinando l'appuntamento con una ventenne dai modi e dagli atteggiamenti completamente opposti ai miei. L'avevo definita un "sassolino di campagna scovata in una masseria". Che banale che era stato. Lo stesso giorno che a me inviava cuori e messaggi e prometteva che sarebbe venuto a riprendermi per portarmi in "una casa dove vivere per sempre insieme" passava dove vivo "soltanto per vederti", scriveva a lei di ipotetici sentimenti che stava cominciando a sentire. Ho pianto, ho strillato, mi sono seduta a terra, ho chiamato una cara amica che mi ha sentito piangere e chiedermi quanto "fossi stupida". Ma poi ho smesso, d'improvviso, mi sono pulita il viso, mi sono alzata in piedi. E in quel momento il grande amore che avevo provato non c'era più. Si era spento un interruttore. Lo so sembra strano, ma a me capita sempre così. Quando smetto di amare sento proprio un "clic" quello di quando spegnevi le luci nelle vecchie case. Adesso poteva andare da lei, vivere quella storia "vrenzola" con una che veste in modo pacchiano, che sbaglia a scrivere in italiano, che non si fa mancare le sceneggiate in mezzo alla strada, insomma una donna degna di lui. Io avevo un futuro davanti, ero una donna libera e stavolta lo sarei stata sul serio. Non mi sarei più fermata.

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